Nato in Veneto, dopo un’esperienza in Francia, Nicola Zamperetti ha seguito Ciccio Sultano passo passo attraverso l’Europa. Capace di reintepretare il patrimonio culinario siciliano e metterlo in tavola con una semplicità impeccabile, Nicola ha uno stile di cucina che è ormai più siciliano di quello dei siciliani.
Quando hai deciso di intraprendere questa carriera?
Io nasco geometra, la mia famiglia è nel campo edilizio da sempre. Con il passare degli anni, io non mi vedevo passare tutta la vita seduto dietro alla scrivania. Ho intrapreso questo percorso per passione. Mi è sempre piaciuto mangiare e cucinare quello che compravo. Mi sono buttato a capofitto nel mondo degli stellati, prima con la famiglia Alajmo a “Le Calandre”, poi mi sono spostato in Francia, che mi ha formato moltissimo dal punto di vista della mentalità, mi ha fatto davvero entrare nel mondo della cucina. Poi mi sono spostato da Ciccio, ho trascorso quattro anni come capo partita e poi sono salito di livello lavorando spalla a spalla con Marco Corallo, che è l’Executive Chef del Ristorante Duomo.
Successivamente mi sono spostato a Vienna perché Ciccio ha avviato la prima collaborazione esterna, il Bar con Cucina Pastamara, all’interno del The Ritz Carlton. Poi purtroppo c’è stato il Covid ma abbiamo portato avanti lo stesso il progetto che sta andando benissimo. Siamo poi arrivati a Roma con il W, e se a Vienna il progetto riguardava un lusso più composto e ricercato, qui abbiamo potuto abbracciare una mentalità più ribelle e giovanile.

Mi hai raccontato di tante esperienze e si può dire che oggi tu sei il risultato di tutto ciò che hai imparato. Vorrei sapere, quali sono gli insegnamenti che porti ancora con te?
Direi che non il sacrificio, ma la dedizione quotidiana è alla base di tutto. Di cuochi bravi ce ne sono moltissimi, però la dedizione per quello che si fa quotidianamente, è la chiave del successo. Far sì che qualcosa succeda, è la base di tutto. Il solo volere qualcosa non è abbastanza, essere bravi non è abbastanza, conoscere le persone che ti portano nella direzione giusta, non è abbastanza. Per me bisogna fare di più, e per di più intendo andare fuori dalla normalità e questo ti permette di farti notare e fare la differenza. Altrimenti sei bravo, ma se in quel livello di floating, galleggi ma non vai più avanti degli altri.
Hai avuto la bravura e la fortuna di poter lavorare con Ciccio Sultano, in qualche modo sei comunque riuscito a maturare e a salvaguardare la tua creatività? E a trovare un tuo equilibrio?
Sì, assolutamente, è stato molto difficile all’inizio perché sai entri in una cucina molto giovane magari, io avevo ventun anni quando sono arrivato da Ciccio e fai solo quello che ti dicono di fare. La parte più difficile è quella di non perdere la tua idea di cucina. Ciccio è stato un grande maestro perché oltre ad essere un grande cuoco, è un grande pensatore e un grande mentore. Trasforma la tradizione siciliana in qualcosa di più e non fa niente al di fuori di ciò che è tradizione. E io da questo ho imparato molto, le tradizioni sono molto importanti e poi c’è una piccola percentuale di personalizzazione, dove può esserci innovazione e quindi tradimento nei confronti della tradizione. E io utilizzo questo insegnamento nella mia vita lavorativa, accolgo tutto ciò che ho imparato però unisco anche tutto ciò che ho fatto io fino ad oggi.
Ho letto un pò ovunque che tu cucini siciliano più dei siciliani, cosa vuol dire?
La cosa più importante per me in assoluto in cucina è l’ingrediente. E devo dire che quello che la Sicilia offre, qua qualcuno me ne dirà di tutti i colori ma per me è la verità, non si trova da nessuna parte. Prendi la zucchina ad esempio, una delle cose più semplici, che però mangiata in Sicilia ha tutto un altro sapore. Loro hanno il sole tutto l’anno, e questo si sente. Quando sono arrivato in Sicilia, me ne sono innamorato subito e ho assaggiato tutto, ho mangiato tantissimo, ho girato in lungo e in largo tutta l’isola, per capire quello che facevano tutti. E sono sicuro che tutto quello che faccio e che farò avrà sempre un’influenza siciliana. Poi dico sempre, tutti i cannoli che ho fritto io, neanche un siciliano li ha fritti. Al Duomo ho anche fatto un periodo in pasticceria, quindi se ci pensi sembra una barzelletta: un veneto in Sicilia che frigge i cannoli.

Quando sei stato nominato Executive chef qui al W, come ti sei sentito e soprattutto come ti sei preparato?
Sicuramente lusingato, non succede tutti i giorni che una compagnia internazionale, ti offra la posizione più alta che può esserci nell’ambito ristorazione di un hotel. Anche un pò spaventato, ma mi sono detto, se non lo faccio adesso, non lo faccio mai più. Quindi mi sono buttato a capofitto, anche perché il progetto a Vienna, era appena nato e mi dispiaceva lasciarlo. Però come ho detto prima, ho avuto la fortuna di lavorare con persone molto capaci, che riescono a supportarmi, quindi ho lasciato Vienna ed ero sicuro che il team avrebbe portato avanti il progetto in maniera eccezionale. Quindi sono venuto qui.
Se dovessi descrivere la cucina del Giano, cosa diresti?
La parola che descrive perfettamente Giano Restaurant è condivisione, e quindi l’idea di stare assieme. Noi vogliamo che i nostri ospiti si sentano come al pranzo della domenica. Arrivano, si siedono, chiediamo quello che piace o non piace e poi ci pensiamo noi. Anche se ovviamente c’è anche un menù. Ma noi vogliamo che gli ospiti si rilassino e quindi cerchiamo di pensare noi a tutto. Quando qualcuno si siede qui, deve sentirsi a casa.

Sei molto giovane, ma vorrei comunque sapere qual è il tuo prossimo step, parlando dal punto di vista umano.
Domanda da un milione di euro. Trovare un pò di equilibrio. Personalmente negli ultimi dieci anni, è stato tutto una corsa continua. Negli ultimi anni ho capito che questa corsa continua tante volte non ti porta da nessuna parte. Fermarti a pensare è la cosa migliore. Ciccio questo me l’ha sempre detto: “corri troppo, troppo veloce, mille cose in testa, e tutte insieme!”. Quindi penso che il prossimo step sarà quello di vivere le cose in maniera più tranquilla, in modo più riflessivo. Godendole di più. Adesso ci troviamo in un momento super frenetico, abbiamo pochissimo tempo per noi stessi e a volte le decisioni le prendiamo all’istante ed è un rischio. Quindi il prossimo step sarà quello di riflettere di più invece di vivere alla giornata.
Video intervista a Nicola Zamperetti:
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